La disperazione dell'antipolitica

 

La risposta data sul Sole 24 Ore dal ministro Tommaso Padoa Schioppa il 9/8/07 alla lettera del  professionista contribuente deluso, pubblicata l'8/8/07, termina con l'esortazione "a non cadere nella pericolosa disperazione dell'antipolitica". Da un ministro una simile risposta è scontata ma, TPS è un ministro tecnico, non politico, di alto profilo morale e professionale, quotidianamente impegnato a rintuzzare l'assalto alla diligenza (tesoretto e bilancio pubblico) irresponsabilmente compiuto dai suoi colleghi ministri politici, dai parlamentari e dai partiti che li hanno espressi, dai sindacati e dalle numerosissime potenti corporazioni che trovano facile copertura a destra e/o a sinistra, secondo il governo in carica.

Mali della politica e della democrazia

Dal contesto della risposta, però, trapela anche una ben mascherata insoddisfazione del ministro per una società, un sistema politico e una democrazia "malate", i cui mali, signor ministro,  non possono essere sanati solo dall'onesto e doveroso pagamento delle tasse da parte di tutti i cittadini, ognuno in rapporto al suo "effettivo" reddito. Infatti c'è nei "mali" della politica e della nostra democrazia il  reale pericolo che il maggior gettito fiscale produca solo maggiori sprechi, più ladrocinio, più corruzione rispetto a quella, già tanta, esistente.

Credibiltà della “casta”

La credibilità della "casta degli intoccabili", dei partiti che li sorreggono, degli amministratori degli enti locali, dei sindacati, è ormai così bassa che, con esclusione della esigua minoranza dei cittadini iscritti alla fungaia dei partiti e partitini che opprimono la scena politica del Paese, consente alla stragrande maggioranza degli italiani, irretiti perchè nulla cambia, di attaccarsi disperatamente all'antipolitica, come unica speranza di reale cambiamento. Quale credibilità può avere  un insieme di parlamentari che, come una armata brancaleone, copre e protegge, mantenendo nei propri ranghi, secondo le dichiarazioni dell'On. Di Pietro, ben 24 elementi del suo insieme, pur essendo gli stessi titolari di una condanna penale passata in giudicato? Quale credibilità può avere   un pubblico amministratore che, pur avendo sperperato pubblico denaro creando opere inutili per tutti o, peggio, costose cattedrali nel deserto mai completate, o completate e rimaste inutilizzate, continua ad essere candidato sostenuto dalla corporazione partitica alla quale appartiene, pur avendo dato chiara prova di non saper amministrare? Quale fiducia può avere un cittadino quando vede che un Comune situato a livello del mare, diventa Comune montano, perché feudo di un qualche autorevole parlamentare che ha il potere di elevarne l‘altitudine? Quale credibilità  possono avere le istituzioni, anche quelle a più alto livello, quando politici coautori, insieme a tanti altri, del mastodontico debito pubblico che strozza il Paese, sono stati premiati con  un seggio a vita al Senato? La sequenza potrebbe continuare a lungo riempiendo diverse pagine.

Causa dei mali

Ma ormai è chiaro: una delle principali cause che portano la nostra democrazia e società ad essere "malate", sta proprio nell'impadronimento a vita del potere, a tutti i livelli, da parte di ristrette oligarchie imposte dai partiti che, per ciò stesso, sono diventati  corporazioni. Nel lontano 1981 in una intervista rilasciata ad Eugenio Scalfari, Enrico Berlinguer affermava: “I partiti sono diventati macchine di potere, non fanno più politica, hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia”. Oggi, quella degenerazione denunciata da Berlinguer è endemica e totale. Si costituiscono maggioranze governative, di destra e di sinistra, rissose e, quindi, inconcludenti. Si fronteggiano due schieramenti politici, di destra e di sinistra che, in chiave moderna, riproducono le continue  acerrime lotte di Guelfi e Ghibellini, solo mirate all'acquisizione e conservazione del potere, sbandierando interessi collettivi soltanto in occasione di una campagna elettorale, quali autentiche promesse di marinaio. Inoltre, l'alternanza delle due fazioni al governo del Paese o al vertice di qualsiasi ente, produce una specifica italica anomalia politica:  l'azzeramento di quanto è stato già fatto, con l'inevitabile blocco di qualsiasi riforma seria di cui  il Paese o l'ente ha bisogno. Del cosiddetto "popolo sovrano" la "casta" politica non ha alcun rispetto e considerazione, anche quando, a grandissima maggioranza, il “popolo” ha espresso la sua volontà "sovrana", si fa per dire, attraverso regolari referendum; è accaduto più volte.

Una proposta rimasta inascoltata

L'emerito politologo prof. Giovanni Sartori, in un articolo di fondo del Corriere della Sera, ha lanciato una proposta che ritengo sia condivisa dalla grande maggioranza dei cittadini, con esclusione, forse, solo di quella esigua minoranza iscritta ai partiti ( a proposito sarebbe interessante sapere il numero degli iscritti a ciascun partito e, complessivamente a tutti i partiti). Sartori ha proposto che nessuno possa candidarsi due volte consecutive a una qualsiasi carica elettiva, uguale o diversa. Si romperebbe, in tal modo la deleteria continuità della professionalità politica a vita. Purtroppo, come lo stesso Sartori aveva previsto,  nessuno ha risposto alla sua provocazione.

Conseguenze

Tutto resterà come è: gli enti dichiarati inutili continueranno a vivere; le inutile province, che insieme a comuni e regioni complicano ancor più l'organizzazione amministrativa e la vita dei cittadini, continueranno a crescere di numero, facendo   aumentare ancor più  il già forte debito pubblico. E' già accaduto con il precedente governo che, non certo per soddisfare le esigenze di popolazioni ma, solo quelle di poter sistemare propri adepti su un nuovo insieme di poltrone, ha  irresponsabilmente creato altre sei province,  facendo crescere il debito pubblico dal 105 al 107 del PIL.

Conclusione

In conclusione, da questo e da tanto altro, scaturisce la diffusa insoddisfazione di gran parte dei cittadini; da questo e da tanto altro scaturisce la disperata rincorsa all'antipolitica, non essendoci all'orizzonte alcun'altra possibilità di  cambiamento. E allora, signor ministro TPS, la nostra "malata" paradossale "democrazia", dove, innegabilmente le libertà tutte sono super garantite, alcune anche in eccesso, dove il "popolo sovrano" non conta e il potere è sempre nelle stesse mani, anche se con qualche alternanza di mano destra e sinistra, questa democrazia si può definire solo con un paradossale ossimoro: è una "DEMOCRAZIA DITTATORIALE". Forse, sig. Ministro, la crescente onda lunga dell’”ANTIPOLITICA” potrebbe almeno costringere l'attuale “CASTA POLITICA” a trattare seriamente e compiutamente quella “QUESTIONE MORALE”, da anni invocata a parole da ciascuno, accantonata nei fatti da tutti. “Il Paese ha bisogno di una riforma culturale e morale” scrisse il grande pensatore Gramsci. Oggi più di allora tale riforma è necessaria, anzi indispensabile. La democrazia, la società e tutti i cittadini ne trarrebbero gran beneficio. Se ciò accadesse l'antipolitica non solo si rivelerebbe non pericolosa, ma addirittura utile per riattivare la “vera politica”.

Alberto Pagliarini