BERLUSCONI TORNA IN CAMPO

QUALI LE PROSPETTIVE?

 

Berlusconi, in più occasioni, aveva dichiarato di non volersi candidare premier nelle elezioni del 2013. Ora ha deciso di candidarsi con l'intento di salvare il partito.

Evidentemente avverte la responsabilità di essere stato l'artefice del crollo del partito, come risulta dai sondaggi, e pensa, in tal modo, di rimediare. Il suo ritorno sulla scena politica potrebbe, però, portare al default del Paese e al totale crollo del partito e della destra, necessaria quanto la sinistra e il centro, in una normale democrazia. Nessuno può escludere che tale evento sia impossibile dal verificarsi. Ritengo che una analisi seria, obiettiva, senza pregiudizi, infingimenti e  interessi di parte, possa evidenziare che il suddetto evento possa davvero verificarsi. Sarebbe veramente un disastro non solo per il Paese, per la democrazia, per tutti, con catastrofiche ripercussioni planetarie.

 

Credibilità dell'Uomo Berlusconi

Per 17 anni è stato sulla scena politica come principale attore. Ha sottoscritto nel salotto di Bruno Vespa, davanti a milioni di italiani, un contratto-impegno, specificando dettagliatamente alcune riforme strutturali, da tutti ritenute necessarie per il Paese, anzi indispensabili, ma da nessun partito e da nessun  governo affrontate e fatte prima e, purtroppo, anche  dopo la discesa in campo di Berlusconi, pur avendo  i numeri parlamentari per farle, cosa impossibile per il precedente governo Prodi. Nel suo ultimo governo ha ereditato dal governo precedente di Romano Prodi un debito pubblico pari a circa il 105 % del PIL. Nel novembre 2011, quando si è dimesso, con senso di responsabilità nell'interesse del Paese, il debito pubblico era schizzato a circa il 119% del PIL. Un debito sovrano  tra i più alti al mondo tra i Paesi della zona euro ed extraeuro. La crescita abnorme del debito pubblico negli ultimi anni del governo Berlusconi è dovuta a diverse cause. Ne cito qualcuna. La crescita continua ed abnorme dell'esercito di politici, voluta da tutti i partiti, per sistemare facilmente e adeguatamente i propri adepti e, spesso, anche i loro familiari, con conseguente crescita insostenibile del costo già di per sé alto della politica. Le mancate promesse di riforme non attuate, quale quella dell'eliminazione delle province, a parole voluta da tutti. Le province non solo non sono state eliminate ma, addirittura, ne sono state create delle altre per soddisfare appetiti politici, in particolare di Bossi e della Lega che, tra l'altro, spudoratamente, hanno fatto istituire a Monza sedi distaccate di ministeri, la cui vita, per fortuna, è stata breve.  Sempre per volere di Bossi e della Lega, non sono state eliminate le pensioni di anzianità, esistenti solo in Italia, per soddisfare il diffuso utilizzo delle stesse  al Nord, bacino elettorale della Lega. A questo punto non posso esimermi dal fare una piccola considerazione.  La carriera politica di Bossi e i successi della Lega sono stati realizzati all'insegna di “Roma ladrona”. Ma, non  è sperpero di denaro pubblico e ladrocinio anche quanto voluto da Bossi e dalla Lega, per non parlare dei recenti scandali che li hanno interessati?  Quando è scoppiata la crisi economica mondiale, il governo Berlusconi e il suo super ministro dell'Economia hanno continuato a dichiarare, sino al momento delle dimissioni, che i conti erano in ordine,  che l'Italia era in condizioni di poter ben reggere la crisi mondiale in atto. L'ultimo  atto ufficiale pubblico di Berlusconi è stato quello di  sottoscrivere, per l'Italia, l'impegno  a realizzare le norme, gli impegni economici e le riforme strutturali  ritenute dalla UE necessarie per evitare il default. Con questo atto Berlusconi ha  riconosciuto, in sostanza, che la situazione economica del Paese era catastrofica e non  quella falsamente dichiarata da tempo. La realtà era che  la crisi mondiale in atto, unitamente al mastodontico debito pubblico, non garantivano i mercati sulla reale possibilità di rifinanziamento necessario a soddisfare le esigenze economiche del Paese. Vi era, quindi, un forte  pericolo di contagio con quanto già accaduto in Grecia e con quanto stava accadendo in Spagna. Quel che è  accaduto successivamente alle dimissioni di Berlusconi, è storia recente ben nota a tutti, inutile da richiamare. Oggi, pur avendo il governo Monti varato alcune  riforme strutturali, soddisfacendo agli impegni assunti con la UE da Berlusconi, riforme pesanti per gran parte dei cittadini che, obtorto collo, le hanno subite e responsabilmente accettate, la situazione finanziaria resta ancora difficile e pericolosa. Le incertezze dei mercati e delle agenzie di rating permangono, anche  se è stato  apprezzato quanto ha sin qui fatto l'attuale governo e quanto ha dichiarato di voler fare sino alla non lontana scadenza naturale del suo mandato; permangono, anche se  l'Italia e il suo governo hanno riacquistato, per merito del Presidente Monti, quella credibilità  e quel prestigio perduti sul palcoscenico internazionale,  dal precedente governo. Ciò è causa del permanere e dell'acuirsi della crisi mondiale, delle necessarie riforme politiche e organizzative della UE, non ancora chiaramente e  pienamente realizzate, ma solo avviate, anche per merito del  Presidente Monti,   Ma è anche causa, non da meno,  della totale incertezza su quello che accadrà in Italia dopo il governo Monti. Infatti, le continue fibrillazioni dei partiti della “strana maggioranza” che sostiene il governo, unitamente a un sin qui mancato accenno di rinnovamento e ristrutturazione dei partiti e dei sindacati, più volte richiesto con forza dallo stesso Presidente Napolitano, non danno alcuna certezza sul futuro della linea politica in Italia.  Continuerà quella iniziata da  Monti, ritenuta dalla UE necessaria e indispensabile per la ripresa e lo sviluppo del Paese, o si ritornerà alla vecchia degenerata politica attuata, per decenni,  da partiti e sindacati? I partiti  diventati  centri di potere, come li definì  30 anni fa Enrico Berlinguer e, da allora ad oggi, rivelatisi addirittura “centri di affari e malaffari”, non danno alcuna certezza e garanzia  per il futuro. Le cristallizzate oligarchie che li governano sono inamovibili e in gran parte compromesse, essendo state le artefici del disastro economico in cui ci troviamo. I partiti non hanno saputo fare una doverosa,  necessaria  e seria autocritica e, impudentemente, continuano a non riconoscere alcun errore compiuto nel passato, come se il mastodontico debito pubblico fosse calato dal cielo. E non fosse invece, come in effetti è, il prodotto delle loro  politiche sbagliate.  Partiti siffatti offrono solo massima incertezza e minima credibilità. E' questa una delle cause, non di poco conto, del recente declassamento delle agenzie di rating, per l'Italia.

Quanto sopra consente a qualsiasi lettore di farsi un'idea e dare un giudizio sulla credibilità nazionale  e internazionale del Presidente Berlusconi e sulla opportunità di candidarsi premier, sia pure con l'apprezzabile impegno di salvare il partito PDL o Forza Italia, da lui creato. Ben diverso potrebbe essere il giudizio se Berlusconi dichiarasse, a chiare lettere, che il suo intendimento e le sue prospettive non sono solo quelle di salvare il partito, ma anche quelle di adoperarsi per garantire al Paese una solida governabilità sulla linea politica di completamento delle riforme realizzate, avviate o soltanto annunciate dal governo Monti, riforme pienamente condivise e apprezzate da tutti gli organismi internazionali, mirate a salvare l'Italia e l'euro, dando stabilità politica all'unione monetaria  e  sicure certezze ai mercati.

Il Presidente Berlusconi valuti attentamente la sua decisione di ricandidarsi; valuti gli effetti e le prospettive che la sua decisione e i suoi intendimenti politici potranno  produrre a livello nazionale e internazionale, anteponendo gli interessi generali del Paese a qualsiasi altro interesse,  come ha già fatto, responsabilmente e apprezzabilmente, quando ha deciso di dimettersi.

 

Gallipoli 18 luglio 2012                                 prof. Alberto Pagliarini

 

 

N.B. La nota è stata inviata a ministri, parlamentari, segreterie di partito, colleghi, psrenti, amici, conoscenti e alla stampa.