RETRIBUZIONE MEDICI UNVERSITARI

 

quesito pervenutomi il 26/7/07

 

Egregio Collega,

 

Le chiedo se ha informazioni giuridiche, consigli o notizie sulla questione dei compensi dei Medici Universitari.

Come è noto lo stipendio di un Medico Universitario è, attualmente, a Bari, inferiore a quello di un Collega Ospedaliero, di pari grado, anzianità e "peso". 

Si stà instaurando da un lato un lento tavolo tecnico e dall'altro una montante battaglia legale.

Poichè ho letto il Suo sito, data la Sua competenza, sa darmi informazioni in merito?

 

Sinceri ringraziamenti e cordiali saluti

 

xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

 

 

risposta da me data il 2/8/07

 

caro collega

il problema che da tempo affligge le facoltà mediche non è solo quello, pur iniquo, della retribuzione "perequativa" o "aggiuntiva" che compete ai medici universitari per evitare che operatori universitari ed ospedalieri che svolgono, nell'ambito della stessa Azienda, la stessa funzione ed abbiano la stessa anzianità, siano diversamente retribuiti. Questo è solo un aspetto della complessa problematica del rapporto tra università, facoltà di medicina, Azienda ospedaliero-universitaria, rapporto tuttora disomogeneo da regione a regione per la diversificata e non completa applicazione delle norme fissate dal D.legs. 517/99, anche dove i protocolli d'intesa tra università e regione sono stati regolarmenti sottoscritti. Per superare questa empasse i Ministri della salute e dell'università, Turco e Mussi, hanno presentato al Senato il DDL 1334 "Interventi per il settore sanitario e universitario", recentemente approvato con diversi emendamenti dalle competenti commissioni del Senato in seduta congiunta e trasmesso all'aula. Con la 517/99 è stato dato un forte colpo alla autonomia delle facoltà mediche; con la nuove legge, se approvata, così come uscita dalle commissioni, si darà un ulteriore colpo che aziendalizza ancor più le facoltà, elimina i policlinici universitari a gestione diretta, sostituendoli con aziende integrate ospedaliero-universitarie nelle quali il dirigente generale, gestore, è di nomina esclusivamente politica essendo nominato dalla regione, non più d'intesa con il rettore e, quindi, con la facoltà, ma solo sentito il rettore. Il dirigente può, quindi, anche essere non gradito dal rettore e dalla facoltà ed ugualmente nominato. Allo stato attuale le vecchie cliniche universitarie, dipartimentalizzate, sono ormai completamente ospedalizzate e la necessaria assistenza finalizzata alla didattica e alla ricerca non è più prioritaria, come dovrebbe essere per le cliniche universitarie, ma rientra nel calderone dell'assistenza fine a se stessa dell'intera organizzazione del SSN. Perchè si è arrivati a tal punto? perché la naturale autonoma organizzazione delle cliniche universitarie mirata alla didattica e alla ricerca, con una organizzazione dell'assistenza finalizzata solo alla migliore attuazione dei fini istituzionali, è venuta meno? Una seria risposta a queste domande può venire solo da una coraggiosa autocritica. Per oltre un ventennio, dal 1970 al 1990, le facoltà mediche italiane ed in particolare quasi tutti i direttori di clinica universitaria e anche di cattedre universitarie, hanno premuto, utilizzando il loro prestigio, le loro conoscenze ed adesioni politiche, per ottenere un numero di posti letto sempre maggiore per la clinica e la annessa scuola di specializzazione. Quest'ultime, in quegli anni,  avevano raggiunto in Italia un numero di tipologie tanto spropositato, rispetto a quello esistente in ogni altro Paese della comunità europea, da determinare un intervento di richiamo all'Italia e l'obbligo a ricondurre l'abnorme numero a quello esistente in ciascuno Stato della Comunità. Le cliniche universitarie sono state, di fatto, ospedalizzate solo per soddisfare gli interessi della facoltà e dei direttori mirati ad avere più posti di docenza, di tecnici e di personale paramedico, sui quali sistemare personale già operante nelle cliniche o nelle facoltà, oppure da assumere, non sempre, peraltro, con la dovuta trasparenza ed etica. Richiamo un dato per tutti: al policlinico Umberto I° di Roma si è arrivati ad avere circa 600 tecnici laureati in più del necessario, tutti successivamente divenuti ricercatori confermati, con semplice atto amministrativo rettorale. Eccesso negli eccessi! E' il caso di ricordare, inoltre, che l'ottimo istituto della libera docenza universitaria, necessaria per proseguire nella carriera della docenza,  fu soppresso per l'inflazione dell'attribuzione prodottasi in tutte le facoltà mediche italiane. In sostanza la ospedalizzazione delle facoltà e delle cliniche universitarie è stata realizzata dai direttori clinici già prima che lo Stato organizzasse il SSN creando le aziende ospedaliere. Ovviamente, nel SSN, unico in tutto il Paese, non potevano coesistere due tronconi entrambi di ospedalizzazione fine a se stessa, uno limitato solo a questo fine, l'altro contenente in sè anche l'organizzazione dell'assistenza finalizzata alla didattica e alla ricerca secondo le esigenze delle facoltà mediche. La duplice presenza ha creato problemi di costose duplicazioni, di difficile organizzazione gestionale e, soprattutto,di convivenza, non sempre armonica, spesso in aperto contrasto, tra clinici universitari e clinici ospedalieri. In altri Paesi dell'Europa e del mondo, vi è sempre stata e vi è completa collaborazione anche didattica e scientifica tra le due figure di clinici, con il giusto riconoscimento dei meriti scientifici e professionali di ciascuno e la piena possibilità di affidamento di insegnamenti e di fondi per la ricerca anche ai clinici ospedalieri, quando dotati di prestigiosi curricola e di validi titoli scientifici. Il modello inglese ne è un esempio. In questo contesto anomalo sono inevitabilmente esplose le contestazioni e le contraddizioni tra il SSN, le Regioni e le Aziende, con costi sempre crescenti del servizio, da una parte, e gli interessi delle Facoltà dall'altra, Facoltà che si è vista sempre più depauperata della propria autonomia. La legge 517/99 ha cercato di armonizzare il sistema, anche sotto il profilo della equiparazione retributiva delle due figure di clinici, a parità di funzioni e di anzianità. Non c'è riuscita perchè parzialmente e malamente applicata dalle Regioni e dall'università, che hanno impiegato anni, quando ciò è avvenuto, a sottoscrivere i necessari protocolli d'intesa, senza peraltro darne piena attuazione. Da ciò l'iniqua sperequazione retributiva tra le due figure di clinici, tuttora esistente, in misura diversa da Regione a Regione e in tutte le sedi. La nuova legge in cantiere al Senato, almeno nelle dichiarate intenzioni dei due ministri che l'hanno presentata, dovrebbe realizzare, in tempi brevi e perentori, con la possibilità di nomina di un commissario ad acta, in caso di inadempienze, quello che sinora non si è potuto o voluto fare con l'applicazione della 517/99. In particolare si dovrebbe normalizzare l'anomala situazione retributiva dei clinici universitari rispetto a quelli ospedalieri che, in molte sedi si protrae sin dal 2000. I sindacati della docenza hanno più volte minacciato azioni giudiziarie per ottenere quanto dovuto per legge, qualche docente,  in qualche sede, ha promosso singola azione legale, ma si è ancora lontani dalla normalizzazione. In alcune sedi è stata corrisposta qualche indennità ed altre no; in altre sedi non è stato corrisposto alcunché. E' auspicabile che la nuova normativa in cantiere normalizzi la situazione retributiva divenuta ormai intollerabile, per evitare di dover organizzare a livello sindacale costosi e lunghi ricorsi cumulativi, con centinaia di partecipanti in ogni sede. Cosa fare in questa magmatica situazione? Solo una cosa è certa! Indietro non si ritorna! Il processo di ospedalizzazione e di riduzione dell'autonomia delle facoltà mediche non si fermerà e potrebbe, addirittura, arrivare allo scorporo della facoltà o del triennio clinico dal contesto universitario al quale naturalmente appartengono. Occore allora, preso atto di questa realtà, evitare che ciò avvenga. E' a mio avviso indispensabile che il modus vivendi dei clinici universitari nei rapporti con gli ospedalieri, cambi radicalmente. In un recente convegno a Padova su "Medicina Universitaria e Salute Pubblica" organizzato dal CIPUR, il prof. Vincenzo Milanesi, Rettore di quella sede, ha scherzosamente dichiarato che "è ora di superare la mentalità dello scontro tra tribù: la tribù degli ospedalieri e la tribù degli universitari. Superare questa mentalità è indispensabile ed è la pregiudiziale per poter vincere la scommessa di Aziende integrate che diano davvero più spazio a quello a cui c'è da dare più spazio, cioè integrazione reale tra gli aspetti didattico scientifici e quelli assistenziali". Io aggiungo. Solo da una armonica convivenza clinica e collaborazione piena sul piano didattico, scientifico ed assistenziale, può nascere una grande forza e non più due forze antitetiche e conflittuali, come è stato sinora. Tale forza unita e compatta,si rivelerà necessaria e produttiva nell'inevitabile contrapposizione ad un potere politico rissoso e, perciò stesso, molto spesso inconcludente, peraltro non sempre all'altezza di affrontare e risolvere le esigenze dell'organizzazione della sanità pubblica nell'interesse dei cittadini, utenti o potenziali utenti del SSN. Qualsiasi altra azione di trincea è destinata a sicuro fallimento, con ulteriori riflessi negativi sull'opinione pubblica già condizionata negativamente dalla risonanza mediatica degli scandali ampiamente propagandati che, pur riguardando  singoli casi, nell'immaginazione collettiva sono facilmente generalizzati a tutta l'Istituzione.

In conclusione, caro collega, prima di intraprendere un'azione giudiziaria per il giusto riconoscimento dei diritti retributivi fissati dalla legge, conviene attendere il varo della nuova legge in itinere che ritengo possa essere determinante per la soluzione della questione, visti anche i tempi rapidi di percorso al Senato, con consensi bipartisan.

cordialmente

Alberto Pagliarini