SULLA RITENUTA DEL 2,5% A FAVORE DEL FONDO OPERA DI PREVIDENZA PER IL TFS - DIFFIDA


Il comma 10 dell'art. 1 del D:L: 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni con la legge 30 luglio 2010 n. 122, ha portato modifiche al TFS per i pubblici dipendenti, stabilendo cheil computo dei trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato art. 2120 del codice civile, con applicazione dell'aliquota del 6,91 per cento. Ciò con decorrenza 1 gennaio 2011.

La sentenza del TAR Reggio Calabria n. 564/2011 è stata pronunciata come sentenza non definitiva su altre questioni poste dai ricorrenti magistrati, questioni che la corte ha ritenuto di rimettere alla Consulta; si è pronunciata, invece, come sentenza definitiva sulla specifica questione della illegittimità della ritenuta del 2,5% sulla retribuzione, ritenuta tuttora operata dalle amministrazioni pubbliche, a carico del dipendente, a titolo di rivalsa sul TFS. Il TAR ha condannato l'amministrazione a restituire quanto illegalmente ritenuto ai dipendenti dal gennaio 2011.

Le amministrazioni universitarie hanno continuato ad operare la predetta ritenuta del 2,5% sull'80% dello stipendio tabellare lordo, sul 48% (80% del 60%) dell'IIS lorda e sull'80% di eventuali altre voci retributive pensionabili, a favore di Opera Previdenza, alla luce della circolare INPDAP n. 17 del 8/10/2010 che ha ritenuto sia cambiata la modalità di calcolo del TFS, ma sia rimasto immutato il vecchio criterio contributivo.

La legge in corsivo, sopra richiamata, dice esplicitamente che il computo del TFS si effettua secondo le regole dell'art. 2120 del c. v., applicando l'aliquota del 6,91%. Con ciò il legislatore ha modificato il calcolo del TFS imponendo l'applicazione dell'aliquota del 6,91%, che è quella valida per il TFR, dei dipendenti privati, senza trasformare il TFS in TFR. Da qui la circolare INPDAP che considera ancora in vigore la vecchia ritenuta operata dalle amministrazioni pubbliche per il TFS, pari al 9,60% di cui 7,1% a carico dell'amministrazione e 2,5% a carico del dipendente, applicate mensilmente sull'80% di tutte le voci pensionabili della retribuzione, esclusa solo la IIS pensionabile al 60%. La predetta aliquota del 9,60%, versata mensilmente dall'amministrazione all'ente previdenziale, dovrebbe costituire il fondo di accantonamento del TFS.

Per i dipendenti privati le aziende accantonano mensilmente, senza versarlo all'INPS, il 6,91% del totale lordo delle voci retributive pensionabili, che va a costituire il fondo di accantonamento per il TFR del dipendente, fondo che viene versato dall'azienda all'INPS, all'atto del pensionamento del dipendente. L'INPS rivaluta la retribuzione di ciascun anno lavorativo, secondo gli indici ISTAT, ed applica a ciascun anno rivalutato l'aliquota del 6,91%. In tal modo il lavoratore ricupera integralmente la somma, adeguatamente rivalutata, che l'azienda ha accantonato di anno in anno a suo favore Questo è quanto avviene per il TFR dei dipendenti privati. ed è quanto dovrebbe avvenire per quelli pubblici, visto che il legislatore ha uniformato il calcolo del TFS dei dipendenti pubblici a quello dei privati, utilizzando la stessa aliquota di calcolo. Per la circolare INPDAP sopra richiamata, vi è, invece, una sostanziale differenza di trattamento contributivo nel pubblico e nel privato. Nel privato l'aliquota accantonata è totalmente restituita al dipendente all'atto del pensionamento, mentre nel pubblico ciò non avviene, per cui è verosimilmente restrittivo pensare che il legislatore abbia voluto uniformare solo le modalità di calcolo e non anche quelle contributive che, nel TFR, come sopra evidenziato, sono strettamente agganciate a quelle di calcolo; infatti nel TFR viene utilizzata come aliquota di calcolo quella stessa che vale come aliquota complessiva contributiva per l'accantonamento. Il TAR ha evidenziato che la predetta aliquota deve essere applicata su tutta la retribuzione a totale carico dell'amministrazione. Occorre precisare che la ritenuta del 9,60% (2,5 a carico dipendente + 7,1 a carico amministrazione), opera sull'80% di tutte le voci retributive lorde pensionabili, mentre la ritenuta del 6,91% opera sul 100% di tutte le voci retributive lorde pensionabili, pertanto per poter fare una esatta comparazione occorre rapportare al 100% la ritenuta del 9,6% che opera sull'80%. Ne consegue che la ritenuta del 9,6%, rapportata al 100% diventa 7,68%. A questo punto va fatta una ulteriore precisazione. Nel privato l'azienda non trattiene al dipendente il 6,91%, ma il 7,41% sul totale retributivo lordo pensionabile; del 7,41% l'azienda accantona il 6,91 per il fondo TFR del lavoratore e versa all'INPS lo 0,5. In conclusione nel privato il dipendente ricupera, con il TFR, il 6,91% accantonato dall'azienda il TFR del lavoratore. Nel pubblico, del 7,68% versato, rapportato al 100% della retribuzione pensaionabile, che depurato dello 0,50%, come nel privato, diventa, 7,18%, il dipendente ricupera, con il TFS, il 6,91%, rimettendoci, rispetto al privato, lo 0,27% della contribuzione complessiva versata all'INPDAP, se si conserva la ritenuta del 2,5%. Se, invece, la predetta ritenuta scompare e l'amministrazione versa all'INPDAP il 6,91% su tutta la retribuzione lorda pensionabile, come ha sentenziato il TAR, scompare la perdita dello 0,27% della contribuzione versata e l'amministrazione si limita a versare il contributo del 6,91%, invece dell'attuale 7,1% .

Sin qui la norma e gli aspetti di legittimità della ritenuta del 2,5% evidenziati dal TAR..

Occorre, però, anche considerare l'aspetto della convenienza a conservare la ritenuta predetta, ai fini di conservare l'agevolazione sul calcolo dell'IRPEF dovuta, sul TFS lordo da pagare, agevolazione del settore pubblico rispetto al privato, che si perde con l'eliminazione della ritenuta del 2,5%, considerata illegittima dal TAR

In altre parole, la eliminazione della ritenuta del 2,5% produce un aumento della retribuzione annua lorda ma anche una maggiore IRPEF da pagare Occorre comparare i due elementi predetti, per accertare la convenienza o no della eliminazione della ritenuta del 2,5%.

Le considerazioni e i calcoli che seguono servono allo scopo..

L'eliminazione della ritenuta del 2,5% sull'80% dello stipendio tabellare mensile lordo e sul 48% dell'IIS mensile lorda, per 13 mensilità, produce un aumento retributivo mensile lordo che cresce progressivamente da 98 €, per lo straordinario alla classe 0, a 164 € per l'ordinario alla classe 14/3; da 51 €, per l'associato non confermato classe 0 a 119 €, per associato confermato classe 14/3; da 31 €, per il ricercatore non confermato classe 0 a 84 €, per il ricercatore confermato classe 14/3. Tutti docenti a tempo pieno. Sono dati ricavati con esattezza dalle mie tabelle 2010, tuttora valide sino al 2013, causa blocco retribuzioni e scatti. Ne consegue che, per la eliminazione della predetta ritenuta del 2,5%, l'aumento annuo lordo, su 13 mensilità , varia secondo la classe retributiva, per gli ordinari da 884 € a 2125 € ; per gli associati da 661 € a 1541 €; per i ricercatori da 401 € a 1087 €. Tali aumenti retributivi lordi annui valgono per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013. Per avere il netto alle cifre lorde occorre dedurre l'IRPEF calcolata con l'aliquota massima attribuita a ciascun dipendente. Applicando agli ordinari l'aliquota massima del 41%, agli associati quella del 38%, ai ricercatori quella del 27%, i valori netti annui ottenuti variano: per gli ordinari da 522 € a 1.254 €; per gli associati da 410 a 956 €; per i ricercatori da 293 a 794 €. Ovviamente le cifre predette aumenteranno di anno in anno, a partire dal 2014, con l'attribuzione dell'aumento annuale ISTAT e l'attribuzione degli eventuali scatti biennali, ora triennali. Vi è poi l'aumento dovuto all'eventuale avanzamento di carriera. E', pertanto, difficile quantificare esattamente quale aumento retributivo complessivo si può avere dopo gli anni di servizio, superiori a 40, prima del pensionamento, per effetto della eliminazione del 2,5% di ritenuta. Da un calcolo grossolano ho dedotto che dopo 45 anni di servizio un ordinario che va in pensione con la classe retributiva 14/3 avrà avuto un aumento retributivo lordo di oltre 45.000 €, con uno scarto in più o in meno del 10%.

A fronte del predetto aumento retributivo vi è la maggiore IRPEF da pagare sulla liquidazione del TFR, dovuta alla eliminazione della ritenuta del 2,5%.

Nel calcolo attuale del TFS, l'imponibile IRPEF è dato dalla differenza tra il TFS lordo e la somma di 2 quote, quella QE (quota esente pari a 309,87 € per il numero di anni di anzianità contributiva) e quella QR (quota di riduzione che si ottiene applicando l'aliquota del 26,04 al TFS lordo. Pertanto l'imponibile è dato da TFS lordo – (QE + QR). Sull'imponibile si applica l'aliquota media AM ottenuta utilizzando il cosiddetto reddito di riferimento RDR, calcolato con la formula RDR = (TFSlordo - QR) *12/anzianità totale. L'IRPEF, da sottrarre al TFS lordo per avere il TFS netto, è dato dall'imponibile moltiplicato per l'AM.

Se si elimina la ritenuta del 2,5%, nel calcolo dell'imponibile scompare la QR, perché l'aliquota predetta del 26, 04, utilizzata per il calcolo della QR, è data dal rapporto percentuale tra la ritenuta del 2,5% a carico del dipendente e quella del 9,60% complessiva, somma della quota a carico del dipendente (2,5%) e dell'amministrazione (7,1%). Il RDR diventa RDR = TFS lordo *12/ anzianità totale, analogo al RDR valevole per i dipendenti privati nel calcolo dell'IRPEF sul TFR.. L'imponibile, mancando la QR, per l'eliminazione della ritenuta del 2,5%, è, ovviamente maggiore e, conseguentemente, RDR, AM e l'IRPEF sono maggiori. Un esempio può dare una idea del quantum.

Un ordinario che va in pensione oggi, con la classe retributiva 14/3 e 45 anni di anzianità contributiva, compresi quelli riscattati, dovrebbe pagare una IRPEF sulla liquidazione lorda di circa 67.480 €, applicando il calcolo con la ritenuta del 2,5% e utilizzando la QR; l'IRPEF, invece, diventerebbe circa 95.900 € applicando il calcolo con la ritenuta soppressa e non utilizzando la QR.. Si verifica, quindi, una maggiorazione di IRPEF di circa 28.420 € a causa dell'eliminazione della ritenuta del 2,5%. Tale maggiorazione di IRPEF è, però, compensata dalla maggiorazione retributiva complessiva netta accumulata in 45 anni, per effetto della eliminazione del contributo del 2,5%, grossolanamente calcolata in circa 45.000 €, con uno scarto + o – del 10%. Nel caso preso a modello si avrebbe un guadagno di circa 17.580 €. Mi riservo di esaminare altri casi per rilevare l'entità del guadagno dovuto alla eliminazione della ritenuta del 2,5%, guadagno che, prevedibilmente può variare tra i 5.000 e i 18.000 €. Infine eliminando la ritenuta del 2,5% si recupera anche lo 0,27% in più versato all'INPDAP rispetto al 6,91% che si dovrebbe versare, ottenendo un altro vantaggio, sia pur piccolo.

In conclusione sull'aspetto di legittimità delle ritenuta vi è, per ora, una sentenza TAR che riguarda un gruppo di ricorrenti magistrati. Presumibilmente se ne aggiungeranno altre. Sulla convenienza a conservare o eliminare la ritenuta ho, con gli elementi di analisi suddetti, rilevato una convenienza complessiva nel caso di eliminazione della ritenuta. L'eliminazione della ritenuta avrebbe anche l'effetto di uniformare veramente e totalmente il trattamento della buonuscita per tutti i dipendenti pubblici e privati, ai quali sarebbe applicato lo stesso metodo di calcolo e lo stesso regime contributivo.

A questo punto, sarebbe opportuno che il MEF e/o la Funzione Pubblica, con una circolare esplicativa chiariscano definitivamente la questione evitando un diffuso contenzioso che potrebbe rivelarsi inutile.

Evidentemente, per quanto sopra è opportuno presentare una diffida all'amministrazione che ha lo scopo anche di interrompere i termini prescrizionali. Un gran numero di diffide presentate, potrebbe spingere chi di dovere ad assumere le iniziative legislative o amministrative-burocratiche necessarie a risolvere definitivamente la questione che interessa tutto il pubblico impiego.


Bari, 10 marzo 2012 Alberto Pagliarini


N.B. La convenienza alla eliminazione della ritenuta riguarda sia i docenti immessi in ruolo a partire da gennaio 2011, per i quali il TFS è calcolato per intero con le nuove regole, sia i docenti già in ruolo nel 2010, per i quali il TFS è calcolato con le vecchie regole sino al 2010 e con le nuove regole dal 2011 al pensionamento.